
I dati sulla sanità pubblica, privata ed intermediata in Italia
È interessante cogliere la curva di crescita dei costi della sanità.
La spesa pubblica per la sanità era arrivata nel 2019 a 114,4 miliardi di Euro, invertendo i trend di crescita e attestandosi su una sostanziale stabilità (nel 2010 la spesa si attestava a 113 miliardi di Euro).
Il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale è stato poi modificato con successivi incrementi programmati pari a 2 miliardi per il 2020 (quindi complessivi 116,439 miliardi) e di ulteriori 1,5 miliardi per il 2021 (117,939 miliardi). A seguito dell’emergenza epidemiologica COVID-19, come confermato dal Documento di economia e finanza 2020 (DEF 2020), il Governo ha adottato misure che, per il 2020, incrementano il fabbisogno sanitario standard a 119,556 miliardi nel 2020.
Dalla Delibere di riparto del CIPE (Del . n. 20 del 14 maggio 2020), per tale anno, risulta un ammontare del finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo Stato pari a 117,407 miliardi, antecedente ai successivi incrementi dovuti gli interventi previsti dal DL. 104/2020 (cd. Agosto).
Per il 2021, tale livello risulta incrementato a 119,447 miliardi, ante manovra di bilancio e cresce ulteriormente a 121,370 miliardi di euro a seguito della manovra (L. n. 178/2020). Il DEF 2020 aveva previsto una crescita della spesa statale sanitaria stimata all’1,3% rispetto al 2020, con un’incidenza sul PIL pari al 6,9%
La spesa privata, nello stesso periodo, ha invece registrato una costante crescita consolidandosi come componente strutturale del Sistema Sanitario Italiano e arrivando a sfiorare i 38 miliardi di Euro, (l’incremento registrato nel periodo 2013-2018 è pari al 9,9%).
La tendenza, sopra indicata, di ricorso alle prestazioni in regime privato è principalmente dettata dalla lunghezza dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni nel Servizio Sanitario Nazionale
Inoltre la pandemia ha evidenziato i limiti strutturali della Sanità Italiana. Il SSN infatti non garantisce sempre e comunque accesso alle cure, tanto più in situazioni di intasamento strutturale.
Solitamente infatti, nei casi di affluenza straordinaria, il SSN reagisce razionando, mentre il circuito privato assorbe l’eccesso di domanda. In tempi eccezionali, tuttavia, non esiste un’alternativa organizzata e con l’arrivo del virus le prestazioni sanitarie dei pazienti non CoViD-19 hanno subito una deprogrammazione di massa.
A suffragio di quanto sopra esposto, i dati del Ministero della Salute di Luglio 2020 indicano un taglio del 40% delle prestazioni erogate (-309.017 ricoveri) e tagli di 13,3 milioni per accertamenti diagnostici e 9,6 milioni per le visite specialistiche.
Per contro, il 66,6% degli italiani indica, come preoccupazione principale per i prossimi anni, la tutela della propria salute; di questi, i due terzi contano su forme di autotutela privata per farvi fronte, nella convinzione che il cash pronto alla spesa rappresenti, anche nella sanità, la sicurezza.

Per garantire una gestione più equa della Spesa Sanitaria Privata ed un effettivo universalismo del Sistema Sanitario, diventa auspicabile un maggiore ricorso alla Sanità Integrativa; promuovere tale impostazione, garantirebbe infatti alle famiglie la possibilità di vedere rimborsate le spese private per quelle prestazioni che non hanno trovato erogazione all’interno del SSN.
In quest’ottica, un’estensione della Sanità Integrativa dovrebbe avere come elemento fondamentale l’omogeneità tra le diverse categorie di cittadini, evitando sistemi fortemente legati alle tipologie reddituali prodotte ed in contrasto con l’attuale impianto fiscale. Attualmente il sistema dei benefici fiscali privilegia infatti prevalentemente i redditi da lavoro dipendente mentre penalizza alcune tipologie reddituali, escludendo addirittura altre categorie come i liberi professionisti.